Un problema non più rinviabile: il dramma dei suicidi in carcere

I numeri record

Le carceri italiane sono travolte da un’emergenza silenziosa: i suicidi tra i detenuti. Solo da gennaio ad ottobre 2024, sono ben 75 persone hanno scelto di togliersi la vita, una media di oltre sette casi al mese, e si stima che si possa raggiungere il tragico record di 100 casi entro la fine dell’anno. Questo scenario peggiora il dato già allarmante del 2023, quando i suicidi furono 80, rendendo il sistema penitenziario italiano uno dei peggiori in Europa per tasso di mortalità volontaria. La disperazione è palpabile soprattutto tra i giovani detenuti, con un’età media dei suicidi che si abbassa ogni anno. Si registra inoltre un aumento dei casi in isolamento, una condizione che amplifica il senso di abbandono e sofferenza.

Il problema del sovraffollamento

Il sovraffollamento resta una delle principali cause strutturali del disagio nelle carceri italiane. Infatti, con oltre 60.000 detenuti stipati in strutture pensate per accoglierne 47.300, la capienza è superata del 127%, secondo i dati aggiornati al 2024, una situazione che rende impossibile garantire condizioni di vita dignitose, aumentando il rischio di conflitti e il deterioramento della salute mentale. Addirittura, in alcune carceri, come quelle di Napoli e Milano, si arriva a ospitare fino a tre detenuti in celle progettate per uno. Inoltre, la cronica carenza di personale – con un rapporto spesso insufficiente tra agenti penitenziari e detenuti – aggrava le difficoltà di gestione, lasciando ampi vuoti nei servizi di assistenza e vigilanza, con il risultato di un ambiente dove il concetto di rieducazione lascia spazio alla disperazione e al senso di abbandono.

Le cause profonde

Naturalmente, dietro ogni suicidio in carcere ci sono fattori complessi, ma ciò che emerge con forza, sulla base degli studi più recenti, è l’incapacità del sistema penitenziario di rispondere ai bisogni psicologici dei detenuti. Tra le cause più frequenti, la fragilità mentale, spesso ignorata, è il denominatore comune di molte storie tragiche, assieme al sovraffollamento, combinato con la mancanza di programmi di supporto emotivo, crea una miscela esplosiva che sfocia in gesti estremi. A peggiorare il quadro, ci sono le difficoltà di accesso alle cure sanitarie e l’assenza di contatti regolari con i familiari, ma nonostante le numerose denunce delle organizzazioni per i diritti umani, le misure adottate dal governo italiano rimangono frammentarie e insufficienti per affrontare questa crisi.

Questo dramma rende manifesta la necessità di riforme urgenti per restituire dignità umana a chi vive in carcere. Ridurre il sovraffollamento, investire in servizi psicologici e avviare programmi di rieducazione efficaci non sono più opzioni, ma obblighi per una società civile.

 

Fonti utilizzate

Corriere della Sera

Il Post

Heraldo