Riforma della prescrizione, indagini e udienza preliminare, giustizia riparativa: la riforma Cartabia è pronta al debutto puntando su molteplici direzioni ma con un obiettivo comune: snellire la giustizia e accelerarne i tempi. Lo chiede il PNRR. Soprattutto gli italiani e le aziende intrappolati nelle maglie di una giustizia troppo lenta.
LA RIFORMA CARTABIA, PER RIDURRE I TEMPI DELLA GIUSTIZIA, ALLA PROVA DEL NUOVO GOVERNO
Troppo bello per essere vero! Era il 28 settembre 2022. I paradossi del sistema parlamentare italiano sono ormai noti: c’è voluto quasi un anno (per la precisione circa dieci mesi) per l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri dei due decreti legislativi di attuazione della legge delega approvata in Parlamento il 26 novembre dell’anno scorso. In pratica era la c.d. “riforma Cartabia” per la giustizia civile e penale.
Non è solo un ulteriore tentativo di mettere mano e riordinare un sistema macchinoso e afflitto da lentezza, sclerosi decisionale, appesantito da congerie di codicilli e soprattutto capace, quasi “magicamente”, di fomentare interpretazioni agli antipodi, tali da paralizzare un tribunale. Ci sono di mezzo quattro lettere fondamentali: PNRR. C’è lo zampino di Bruxelles, ovvio. Uno degli obiettivi previsti dal PNRR è di schiacciare sull’acceleratore sul sistema giudiziario per ridurre i tempi di durata del processo civile – addirittura del 40%.
Perché tutto ciò era (il verbo è scivolato nel passato) troppo bello per essere vero? Perché intanto il 25 settembre si erano svolte le elezioni generali. Allora tutto cambia.
LA RIFORMA CARTABIA: LA PRESCRIZIONE
Civile e penale, un sistema colossale quanto pachidermico – eppure c’è un filo rosso, anche forte, nella riforma Cartabia, a partire dalla prescrizione del reato.
Per capire che cosa cambia su questo aspetto, può essere utile rammentare quale fosse la disciplina previgente, frutto della riforma Bonafede entrata in vigore solo il 1^ gennaio 2020. La riforma, con la c.d. “legge Spazzacorrotti”, ha fondamentalmente abolito la prescrizione dopo il primo grado di giudizio.
In altre parole, dopo la prima sentenza di condanna o di assoluzione, il processo non ha alcun termine predeterminato, con la conseguenza che – essendo la durata di un procedimento penale nel nostro Paese mediamente oscillante tra i 1.500 e i 2.500 giorni – il rischio di rimanere imprigionati nelle maglie processuali per tanti anni era sempre presente.
Invece con la riforma Cartabia la prescrizione si blocca in seguito alla sentenza di primo grado, sia di condanna che di assoluzione, viene fissata una durata massima per i processi di appello (due anni) e per quelli in Cassazione (un anno). I processi complessi o relativi a reati gravi potranno essere prorogati di un anno in appello e di sei mesi in Cassazione. Oltre questi termini scatterà l’improcedibilità. I reati che prevedono come pena l’ergastolo sono imprescrittibili.
LA RIFORMA CARTABIA: INDAGINI E UDIENZA PRELIMINARE
Novità sono previste anche per quanto riguarda le indagini e l’udienza preliminare. Le indagini preliminari avranno una durata che varierà in base alla gravità del reato e solo alla scadenza di questo termine, salvo casi specifici di tutela del segreto investigativo, scatterà un meccanismo di discovery degli atti, ovvero un meccanismo che consenta di desecretare gli atti relativi alle indagini. Il rinvio a giudizio potrà essere richiesto dal P.M. solo nel caso in cui le prove
raccolte suggeriscano una “ragionevole previsione di condanna”. L’udienza preliminare potrà svolgersi solo per reati di particolare gravità; anche in questo caso, se gli elementi raccolti non consentiranno una ragionevole previsione di condanna, si avrà la sentenza di non luogo a procedere. Inoltre, l’iscrizione nel registro delle notizie di reato non può avere, per l’interessato, ripercussioni nella sfera civile e amministrativa.
LA RIFORMA CARTABIA: INDAGINI E UDIENZA PRELIMINARE
In merito all’appello, il testo della riforma della giustizia conferma la possibilità di ricorrere in appello così come l’inappellabilità di alcune sentenze di primo grado. Quanto alla Cassazione, è possibile ricorrervi anche per le sentenze CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) e sono previste tre modalità di svolgimento: il contraddittorio scritto, la discussione in pubblica udienza o in camera di consiglio partecipata. In caso di patteggiamento, per condanne superiori a due anni, l’accordo (stipulato tra PM e imputato) potrà riguardare anche le pene accessorie. Il giudizio abbreviato, inoltre, può portare a un’ulteriore riduzione della pena comminata pari a un sesto. Infine il governo viene delegato sul capitolo delle querele per determinati reati contro le persone o il patrimonio, per quanto riguarda le pene alternative alla detenzione (lavori di pubblica utilità) che al momento sono competenza del Tribunale di sorveglianza e in merito alla giustizia riparativa. Il punto di riferimento su questo capitolo è la Direttiva europea (2012/29/UE). Si potrà accedere ai programmi di giustizia riparativa in qualsiasi fase del processo.
LA RIFORMA CARTABIA: LA GIUSTIZIA RIPARATIVA
Molto interessante, ma anche indefinita al momento, l’idea di una giustizia della riparazione, nella sua contrapposizione alla tradizionale giustizia punitiva, ha un che di indubitabilmente rivoluzionario, in quanto modello di giustizia fondato essenzialmente sull’ascolto e sul riconoscimento dell’altro. Il tempo era ormai maturo per sviluppare e mettere a sistema le esperienze di giustizia riparativa, già presenti nell’ordinamento in forma sperimentale e che stavano mostrando esiti fecondi.
La giustizia della riparazione introduce nel sistema una dialettica “tripolare”: non c’è più solo lo Stato che punisce e l’autore del reato che subisce la pena, c’è anche la vittima che è sparita dal processo a causa della tradizione del garantismo, ispirato allo scopo di impedire la vendetta privata e che vede la vittima sostituita dallo Stato ma neutralizzata nel processo, spettatrice e spesso vittima due volte. Il paradigma riparativo permette alla vittima e all’autore del reato di partecipare attivamente, se entrambi vi acconsentono liberamente, alla risoluzione delle questioni risultanti dal reato con l’aiuto di un terzo imparziale.
La scelta italiana è stata quella di un percorso “parallelo” volto alla ricomposizione del conflitto: non una giustizia alternativa alla giustizia tradizionale (con superamento del paradigma punitivo), e nemmeno un modello sussidiario, bensì complementare, volto alla ricomposizione del conflitto poiché compito dello Stato è anche quello di promuovere la pacificazione sociale.
Anche il ruolo del Giudice muta: egli si mette non sopra il conflitto ma dentro di esso per risolverlo, non si limita ad assolvere o a condannare e, senza perdere la sua neutralità, compie il difficile cammino verso una ricomposizione che riqualifica sia il senso di un processo giusto che il senso stesso della pena inflitta.
MA ALLA FINE LA GIUSTIZIA SARA’ PIU’ VELOCE?
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza individua nella lentezza nella realizzazione di alcune riforme strutturali, un limite al potenziale di crescita dell’Italia.
La riforma del sistema giudiziario, incentrata sull’obiettivo della riduzione del tempo del giudizio, è inserita dal PNRR tra le c.d. riforme orizzontali, o di contesto, che consistono in innovazioni strutturali dell’ordinamento, tali da interessare, in modo trasversale, tutti i settori di intervento del Piano. Per realizzare questa finalità, il Piano prevede – oltre a riforme ordinamentali, da realizzare ricorrendo allo strumento della delega legislativa – anche il potenziamento delle risorse umane e delle dotazioni strumentali e tecnologiche dell’intero sistema giudiziario, al quale sono destinati specifici investimenti.
Alla fine, le parole dell’ex ministro Cartabia sono illuminanti: “C’è carenza di spazi adeguati e risorse umane. I grandi e nobili principi costituzionali e europei hanno bisogno di solido realismo e di pragmatica concretezza per non ridursi a vuota retorica. I grandi principi hanno bisogno di risorse, spazi, strumenti informatici funzionanti e edifici agibili. Sembrano cose scontare ma non lo sono nel nostro sistema attuale.”
Più che le riforma delle procedure, rimpolpare i ranghi delle procure, dei tribunali e degli uffici con nuove leve, nuovo personale è la condizione essenziale per questa riforma. Cioè, per qualunque riforma.
Grazie per l’attenzione