Accusati di reati che non hanno mai commesso, esposti alla gogna mediatica, colpiti nei loro interessi professionali e privati e, infine, dopo lunghi anni di noie giudiziarie, assolti da ogni imputazione. È la storia di tanti manager e imprenditori italiani finiti loro malgrado nelle maglie di una macchina giustizia troppo spesso non all’altezza del proprio compito. Una recente ricerca internazionale ha stimato che la corruzione costa all’economia italiana almeno 237 miliardi l’anno, una somma vertiginosa che giustificherebbe un’azione incisiva di investigatori e magistratura.
42 VOLTE INNOCENTE, LA STORIA DI LORENZO NECCI
La storia di Lorenzo Necci, ex ad di Ferrovie dello Stato, assolto per ben 42 volte, è un esempio eclatante. La vicenda di Necci, nato a Fiuggi nel 1939, è quella di un uomo di successo, capace nel tempo di farsi apprezzare in Italia e all’estero per le sue spiccate capacità manageriali. La sua è una parabola di successo apparentemente inarrestabile che, dalla presidenza dell’Enichimica, verso la metà degli anni ’70, lo porta fino alla gestione di FS, nel 1996. Tanto che viene definito “un uomo ad alta velocità”. È in quello stesso anno però che la corsa di Necci viene frenata dalle prime indagini a suo carico. Accusato di corruzione e reati contro la pubblica amministrazione a danno delle Ferrovie e quindi coinvolto nell’inchiesta sulla Tav, si dimette dal proprio incarico. Il ciclone giudiziario – e mediatico – che si abbatte su Necci si risolve in un nulla di fatto e i vari procedimenti contro di lui si concludono con 42 assoluzioni, mentre rimane aperto un solo processo con una condanna che viene diminuita nei vari gradi per poi tornare davanti ai giudici del tribunale. In altre parole, un abbaglio colossale della giustizia italiana, pagato a caro prezzo dall’imputato e probabilmente anche dal sistema Italia, che in quegli anni perse uno dei suoi manager più lungimiranti. E forse anche uno sviluppo delle Ferrovie che oggi ci manca terribilmente.
TELECOM SPARKLE, OLTRE IL DANNO LA BEFFA
In tempi più recenti, uno schema simile a quello che travolse Necci si è ripetuto per i manager indagati nel processo ‘Fastweb-Telecom Italia Sparkle’. Anche in questo caso, alla pronta e risoluta azione della magistratura nei confronti di un pugno di dirigenti, hanno fatto seguito otto anni di procedimenti culminati con la loro assoluzione definitiva. Otto anni di gogna mediatica, misure cautelari, attese e rinvii. Un calvario che una maggiore cautela avrebbe forse potuto e dovuto evitare ai diretti interessati. Per usare le parole di uno degli imputati poi assolti, Massimo Comito, intervistato da un quotidiano: “I pubblici ministeri avrebbero potuto utilizzare il loro tempo per approfondire la vicenda prima, senza sbattere in galera le persone”.
Non è un caso che i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza siano legati alle riforme che l’Italia è chiamata ad affrontare o a perfezionare, non ultima quella della giustizia.
Grazie per l’attenzione.