Un successo a metà quello della digitalizzazione del processo civile. Secondo i giudici contabili «l’introduzione del processo civile telematico e gli obiettivi di maggiore efficienza legati alla digitalizzazione dei giudizi garantiscono solo in parte il rispetto del principio della ragionevole durata dei processi, che appare per lo più perseguibile con adeguate procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie».
L’esame delle criticità
Le criticità sono evidenziate nella relazione che la Sezione centrale di controllo della Corte dei conti sulla gestione delle amministrazioni dello Stato ha reso nota. Per i giudici di controllo «sono legate non tanto all’amministrazione di riferimento, quanto al complessivo percorso di digitalizzazione in atto nel pubblico e nel privato, in un ambito che, per i soli processi civili, ha comunque coinvolto – tra luglio 2014 e dicembre 2020 – circa 1,2 milioni di professionisti attivi nel telematico, con più di 56 milioni di atti telematici depositati e oltre 34 milioni di provvedimenti nativi digitali». Pur evidenziando le novità introdotte dal Pnrr sull’Ufficio per il processo (modulato sull’esempio anglosassone) e alle applicazioni sperimentali di intelligenza artificiale nei giudizi, la Corte sottolinea che «la digitalizzazione dei processi costituisce un percorso lungo e laborioso, come testimoniano le numerose raccomandazioni Ue sulla riduzione dei tempi della giustizia italiana». Questo, ha specificato la Corte, «in virtù di una legislazione spesso episodica e poco organica».
La magistratura contabile ribadisce come il processo telematico sia ormai una solida e compiuta realtà in ambito civile, mentre appare ancora in ritardo la definitiva implementazione e diffusione di quello penale (PPT). “L’opera di digitalizzazione si è rivelata necessariamente impegnativa sia per la complessa architettura di sistema che per le frequenti ed inevitabili necessità di aggiornamento e reingegnerizzazione del software operativo anche al fine, ad esempio, di rendere il canale digitale l’opzione predefinita nella cooperazione giudiziaria in ambito UE”.
Di particolare rilievo lo sforzo digitale affrontato durante la pandemia: “l’amministrazione della giustizia ha dimostrato una notevole capacità di resilienza nel fornire adeguate risposte segnatamente in ambito digitale. È proseguita, altresì, l’opera di ammodernamento del sistema giustizia nel perseguimento degli obiettivi volti all’efficientamento delle infrastrutture e delle dotazioni hardware”.
I numeri del Processo Civile Telematico dal 2016 al 2020
Come spiega la Corte, la digitalizzazione del processo richiede investimenti significativi in termini sia di hardware che di software; la realizzazione delle infrastrutture dedicate, la progettazione, i continui aggiornamenti, la manutenzione e, non ultima, la formazione richiedono la disponibilità di risorse adeguate alla complessità del sistema e di carattere non estemporaneo in quanto inserite in un più ampio quadro di programmazione.
A dimostrazione dello sforzo da compiere, vengono forniti i numeri del processo telematico al 31 dicembre 2020:
- 1,2 milioni professionisti attivi nel telematico (avvocati, consulenti, periti, ecc.);
- oltre 56 milioni gli atti telematici depositati dagli avvocati e da altri professionisti nel processo telematico civile (PCT) dal primo luglio 2014 al 31 dicembre 2020;
- oltre 34 milioni i provvedimenti nativi digitali nel processo telematico civile (PCT) dal primo luglio 2014 al 31 dicembre 2020;
- 125 milioni circa sono le comunicazioni e notifiche telematiche civili eseguite nel medesimo periodo dalle cancellerie.