Nel corso della conferenza stampa di fine anno della Presidente del Consiglio, rimandata più volte per problemi di salute e poi svoltasi in giovedì 4 gennaio 2024, Giorgia Meloni ha risposto ad una domanda di Radio Radicale, commentato il caso di Beniamino Zuncheddu, vittima di un macroscopico errore di giudiziario che lo ha costretto ingiustamente in carcere per 32 anni.
Come si svolsero i fatti del caso Zuncheddu
Il clamoroso errore della giustizia solleva importanti interrogativi e impone una serie riflessione su ciò che è stato possibile, e per il tempo necessario per appurare la verità dei fatti. Ma ripercorriamo le fasi principali della vicenda.
Beniamino Zuncheddu, 58 anni, è stato rilasciato a novembre scorso dal carcere di Uta, dopo 32 anni di detenzione per la strage di Sinnai del gennaio 1991, in provincia di Cagliari, che coinvolse l’omicidio di tre pastori e il ferimento di un quarto. Si tratta di Gesuino Fadda, 56 anni, il figlio Giuseppe, di 24, proprietari di un ovile, e il loro dipendente Ignazio Puxeddu, mentre il genero di Fadda, Luigi Pinna, fu gravemente ferito. Come ripercorso da “Il Post”, l’attenzione degli investigatori si concentrò sui contrasti tra allevatori, in particolare tra i Fadda e gli Zuncheddu, che gestivano un altro ovile. Questa pista era motivata dal fatto che nei mesi precedenti alla strage erano stati segnalati episodi di vacche uccise, cani impiccati e diverbi sfociati in aggressioni e minacce di morte. In base a quanto sostenuto dall’accusa, l’assassino arrivò all’ovile in sella a una Vespa, sparò un colpo di fucile a Gesuino Fadda sulla strada di accesso, poi salì verso il recinto del bestiame dove uccise il figlio. Successivamente, entrato in un piccolo edificio, colpì anche Puxeddu e Pinna, che rimase solo ferito.
Dove nacque l’errore giudiziario
All’epoca degli eventi Beniamino Zuncheddu aveva 27 anni, e fu il principale sospettato a causa dei contrasti che in passato aveva avuto con i Fadda. In particolare, fu arrestato perché non aveva un alibi solido e non riuscì a fornire spiegazioni alla procura sufficienti per scagionarlo. Tuttavia, circa cinquanta giorni dopo la strage, l’unico superstite e testimone oculare, Luigi Pinna, indicò Zuncheddu come responsabile del triplice omicidio, cambiando la propria versione dei fatti, dato che in precedenza aveva sostenuto di non poter riconoscere l’assassino perché aveva la faccia coperta da una calza. Questo elemento fu determinante nella condanna all’ergastolo. Nei decenni trascorsi in cella, Zuncheddu è stato inoltre sottoposto a stretta sorveglianza e solo negli ultimi anni gli è stato concesso il regime di semilibertà.
Alla fine, in ritardo, arriva la giustizia
Il processo di revisione, estrema e straordinaria possibilità prevista dal Codice penale italiano di correggere un errore giudiziario che ha portato a una condanna e attivabile solo in specifici casi, era stato avviato tre anni fa su iniziativa dell’avvocato Mauro Trogu, rivelando nuove prove a sostegno dell’innocenza di Zuncheddu. Al centro dell’analisi processuale, il cambio di versione del testimone chiave, Luigi Pinna, avvenuto sotto pressione di un poliziotto, che ha sollevato dubbi sulla validità della condanna, portando la Corte d’Appello di Roma, in fase di revisione, ad autorizzare nuove intercettazioni ambientali, che hanno rivelato manipolazioni e confermato le preoccupazioni di Trogu sulla gestione dell’inchiesta. A epilogo della vicenda, la Corte d’Appello di Roma ha deciso la scarcerazione durante il processo di revisione, appurando le irregolarità nelle indagini influenzate da un poliziotto, mentre la sentenza del processo è attesa per fine mese.
Dopo le parole espresse dalla Presidente del Consiglio, Zuncheddu, che si è sempre dichiarato innocente, ha ringraziato la presidente Meloni per aver sollevato il suo caso, sottolineando la necessità di occuparsi del sistema carcerario (Il sole 24 ore).