Fa il giudice. Ma si dimentica di trascrivere le sentenze. Davvero.

Un giudice è diventato noto per non aver trascritto le sentenze, come riportato da un articolo del La Stampa.

La trascrizione di una sentenza è un atto formale che consiste nell’iscrizione della sentenza nei registri pubblici competenti. Questo processo è fondamentale per garantire l’efficacia di alcune decisioni giudiziarie, in particolare quelle che hanno effetti reali o che riguardano lo stato delle persone. La trascrizione è un meccanismo giuridico che garantisce che le decisioni dei giudici siano rispettate da tutti e che i diritti delle parti siano protetti.

Ecco alcune cose da sapere sulla trascrizione delle sentenze:

  1. Finalità: La trascrizione serve a rendere pubblica e opponibile a terzi una decisione giudiziaria. Una volta trascritta, la sentenza diventa efficace nei confronti di tutti, anche di coloro che non hanno partecipato al processo.
  2. Sentenze soggette a trascrizione: Non tutte le sentenze devono essere trascritte. Ad esempio, le sentenze che riguardano diritti reali su beni immobili (come l’usucapione o la divisione) o che riguardano lo stato civile delle persone (come le sentenze di divorzio o di adozione) devono essere trascritte per avere piena efficacia.
  3. Procedura: La trascrizione viene effettuata presso gli uffici del registro immobiliare per le sentenze che riguardano diritti reali su beni immobili, e presso l’ufficio di stato civile per le sentenze che riguardano lo stato delle persone.
  4. Tempi: Esistono termini precisi entro i quali una sentenza deve essere trascritta. Se la trascrizione non avviene entro questi termini, la sentenza potrebbe perdere alcuni dei suoi effetti.
  5. Effetti: Una volta trascritta, la sentenza diventa opponibile a terzi. Ciò significa che chiunque, anche se non ha partecipato al processo, deve rispettarla. Ad esempio, se una sentenza che dichiara la proprietà di un immobile viene trascritta, chiunque successivamente acquisti quell’immobile dovrà rispettare la decisione del giudice.

La vicenda ha avuto inizio nel 2021, quando questo giudice è stato sanzionato per ritardi significativi nel suo ruolo. La situazione si è aggravata con l’aumento delle sentenze non trascritte, anche dopo il suo trasferimento a Perugia come giudice di sorveglianza. Di fronte alle accuse, il giudice ha presentato un certificato medico e ha richiesto una perizia. Il Csm ha quindi incaricato un esperto di psicopatologia forense, di valutare eventuali patologie che potrebbero aver influenzato il comportamento del giudice.

Dalla perizia è emerso che il giudice non ha patologie che compromettano la sua capacità di intendere e volere, ma soffre di un disturbo di personalità. Il problema è semplice: il giudice non si identifica nel suo ruolo di giudice e lo sabota perché avrebbe preferito essere un poeta. Almeno il giudice ha riconosciuto il suo conflitto interiore, ha ammesso che la situazione è grave e ha espresso dubbi sul fatto di rimanere magistrato, richiedendo di continuare nel suo attuale ruolo di giudice di sorveglianza. La decisione finale sarà presa dal Csm nelle prossime settimane.

Non è una puntata di “Black Mirror”. Sarebbe stato confortante.